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GRUPPO ORGANIZZATO DI TIFOSI PADANI ROSSONERI - L'APPUNTAMENTO E' A TUTTE LE GARE DEL MILAN AL MEAZZA IN CURVA NORD!!!

mercoledì, maggio 23

C A M P I O N I !!!


P.S. APPENA FINIAMO DI FESTEGGIARE INSERIREMO FOTO DELLA FESTA ROSSONERA!!!

sabato, maggio 19

Milan-Udinese (S.V.) - Billy Costacurta (10 e lode)

Inutile commentare una gara come quella di oggi, la testa dei tifosi ma soprattutto dei giocatori era ad Atene.
Seppur in campo con la seconda squadra e qualche innesto dalla primavera (ottimo Di Gennaro), i rossoneri hanno affrontanto il match senza voglia, unico vero orgoglio ad essere in campo oggi era esclusivamente rappresentato dall'addio al calcio giocato del grande Billy Costacurta, giocatore di rara intelligenza, attaccamento alla maglia, ed attaccamento alla sua terra, che in 20 anni di Milan ha vinto tutto quello che c'era da vincere. Ancora grazie Campione!



P.S. Milan-Udinese 2-3.



Nella foto a destra simpatico striscione di alcuni tifosi.

lunedì, maggio 14

Classifica Campionato Padano 2006-2007






Note:
La classifica tiene conto dei soli scontri diretti tra le squadre padane di Serie A.La classifica non tiene conto dei punti di penalità inflitti da un tribunale straniero.


domenica, maggio 13

Oleguer: un giocatore pensante.

Oleguer è un giocatore del Barcellona. Potrebbe essere uno dei tanti che, correndo su un prato verde, ha solo da pensare a come utilizzare i soldi che guadagna.

Passare il tempo tra un allenamento e l'altro in mezzo a veline e ragazzine adoranti. Certo, non è Ronaldino. Oleguer è laureato in economia ed è studente di filosofia. Deve essere uno che non si accontenta di contemplare quello che accade. Non è un rivoluzionario, è solo uno che dice e scrive quello che pensa. In un mondo di bigotti ed ipocriti uno così ci mette del calore addosso. Oleguer ha scritto, sulla Directa un settimanale Catalano, un articolo in cui dice quello che pensa dell'ipocrisia del governo spagnolo sulla vicenda del militante dell'eta Juana Chaos (anche nel cognome uno ha il suo destino). Juana fa lo sciopero della fame perchè, dopo aver scontato la sua condanna a 18 anni, è tenuto ancora dentro in quanto devono completare il procedimento aperto nei suoi confronti per la pubblicazione di un articolo sul quotidiano Gara. Oleguer ha scritto dell'ipocrisia di uno stato che tiene dentro uno per 20 anni e libera, dopo quattro anni di pena, un generale della Guardia Civil (Galindo) condannato per duplice assassinio a 75 anni di carcere. Lo sponsor di Oleguer ha disdetto immediatamente il contratto e lui gioca con un paio di scarpini neri e senza logo. Ogni tanto lo fischiano anche se 16.000 tifosi del Barcellona hanno firmato una petizione per boicottare i prodotti del suo ex sponsor. E' uno serafico Oleguer. Deve essere uno dei tanti che non si accontenta di sentenziare. Agisce a modo suo. Penso che sia una bella figura questo ragazzo. Uno di quelli che ti danno voglia e ti fanno pensare che in fondo la vita deve essere vissuta senza timori. Senza che, per quattro soldi, ti comperino l'anima e ti chiedano di appendere il cervello al chiodo.
L'articolo di Oleguer (in catalano):




giovedì, maggio 10

CLASSIFICA CAMPIONATO PADANO 2006/07

Note:
La classifica tiene conto dei soli scontri diretti tra le squadre padane di Serie A.
La classifica non tiene conto dei punti di penalità inflitti da un tribunale straniero.

lunedì, maggio 7

GRAZIE DI TUTTO BILLY, BENTORNATO LEO

ADRIANO GALLIANI SU COSTACURTA E LEONARDO

MILANO - Ieri al termine di Milan-Fiorentina a San Siro, Adriano Galliani ha dichiarato: "Billy Costacurta diventerà, su suggerimento dello stesso Carlo, il secondo vice-allenatore di Ancelotti, affiancando così Mauro Tassotti. Inoltre dal 1' luglio rientrerà nei quadri dirigenziali anche Leonardo".





"I DiavoliPadani ti ringraziano grande Billy vero esempio di identità padano-rossonera e ti augurano un grosso in bocca al lupo per il nuovo incarico. "

domenica, maggio 6

ASPETTANDO ATENE ...MA NON DORMENDO!!!

Anche questa domenica tutto il gruppo dei DiavoliPadani con migliaia di altri tifosi milanisti ha seguito dalla curva nord l'attesa sfida di campionato Milan-Fiorentina e come ogni partita, nonostante gli svariati messaggi da noi inviati, il gadget autografato messo in palio nel pre-partita, è andato ad una tifosa del 2° anello blu (diciottesima volta consecutiva, ridicolo!!!eheheh).
Ma veniamo alla gara. Avara di emozioni se non per qualche giocata del solito Kakà, oggi sfortunato. Gol annullato inspiegabilmente dall' arbitro Rosetti e rigore stampato sul palo con Frey spiazzato. Nel primo tempo da registrare anche un tiro da parte di Oliveira, anche oggi tra i peggiori in campo. Le uniche note di colore da parte della Fiorentina sono lo sgargiante maglioncino con cui si è presentato Prandelli, e un tiro di Reginaldo deviato da un ottimo Dida sul palo. Nel secondo tempo, per lunghi tratti noioso, il Milan si è reso pericoloso solo con un' incursione di Cafù terminata in fallo laterale e una punizione di Pirlo a fil di palo. Del resto non chiedevamo certo di eguagliare la prestazione di mercoledì. Finale 0 a 0 e vantaggio in classifica sui viola invariato. Le attese di tutti i tifosi sono già rivolte ad Atene, la squadra si spera si risvegli per la prossima domenica in trasferta.

venerdì, maggio 4

UN CAPITANO C'E' SOLO UN CAPITANO!



Baresi Franco


Data di nascita: 8/5/1960


Luogo di nascita: Travagliato (Bs), Lombardia - Padania.



La storia
Franco Baresi arrivò a Milanello quando aveva soli 14 anni, nell'agosto 1974. Da quel momento in avanti avrebbe sempre indossato la maglia del Milan, che lo pagò un milione e mezzo (di 20 mila lire fu il primo stipendio). Con il Diavolo è cresciuto e ha sofferto, ha vinto e trionfato, nel mondo. Una vita da bandiera, che sventola ancora e che nessuno potrà mai ammainare. debutta nella squadra rossonera dopo poco essere stato scartato da un provino dall'
Inter lanciato da Liedholm a Verona (23 aprile '78, Verona-Milan 1-2) e non ne è più uscito, diventando subito una colonna. Sulla pagella dei giornali meritò subito lo stesso voto di Rivera (7), un segno del destino. A 22 anni, il "piscinin" (come fu ribattezzato quando arrivò al Milan) divenne capitano, ereditando idealmente il passaggio di consegne dal Golden Boy.
Nei primi tempi, sotto la guida di Liedholm apprende i principi della zona e ne diventa l'interprete primo nel ruolo di ultimo uomo.Diviene in poco tempo uno dei difensori più forti al mondo e simbolo e bandiera della squadra rossonera in campo e fuori. L'anno successivo al suo debutto vince lo scudetto della stella col Milan ed anche negli anni successivi, quelli delle retrocessioni in serie B, quelli del calcio-scommesse, rimane sempre al suo posto di Capitano nonostante le allettanti offerte di altri club.Non solo per questo sarà il giocatore più amato dai tifosi; capace di adattarsi ad ogni tipo di gioco, dalle classiche e "italiane" nazionali di Vicini fino alla pressante zona di Sacchi, Baresi è riconosciuto dal mondo intero come il "libero" più forte al mondo ed è stato uno dei pochissimi difensori (un altro fu Beckenbauer) ad ottenere la candidatura al "PALLONE D'ORO" poi soffiatogli da Van Basten.Nell'era Berlusconi, Baresi è stato l'uomo attorno al quale si è costruito il grande Milan dei tempi recenti e vanta il miglior palmares tra i giocatori del Milan di tutti i tempi.Può un rigore sbagliato in una finale dei campionati del mondo, condizionare la carriera e l'immagine di un giocatore? La risposta sarebbe probabilmente si per chiunque, ma è senza dubbio no nel caso di Franco Baresi. Così si comprende come la dote più grande, che ha contraddistinto il Baresi calciatore (in Nazionale e nel Milan) e che se presa come esempio da seguire fa pensare prima a lui che a tutti gli altri, sia il carisma. Baresi è stato giocatore di grandissima classe, fortissimo nei contrasti e di spiccato senso del gruppo. E' proprio questo che oggi ci riporta alla mente il ricordo di lui in campo: prima di tutto la capacità che aveva di tenere unita una squadra in quel modo, ossia come un unico gruppo di persone allo stesso tempo tese al raggiungimento di un unico scopo: LA VITTORIA. E' esattamente questo che fa diventare un giocatore da semplice parte di un tutto a cuore e simbolo di un organismo completo, fatto di pregi e difetti, ma che esprime sempre e comunqe la voglia di trovare nuovi stimoli anche quando ormai sembra raggiunto e superato ogni traguardo. Ecco perchè se si vuole rivivere, apprezzando in pieno la carriera di Franco Baresi è necessario guardare non il suo palmares (prestigiosissimo), ma le sue gesta in campo.
Quello che segue è il suo biglietto da visita. In vent'anni con la prima squadra ha collezionato 716 partite ufficiali (470 in serie A, 61 in B, 97 in coppa Italia, 50 in coppa Campioni, 19 in coppa Uefa, 6 in Supercoppa europea, 4 nell'Intercontinentale, 3 nella Mitropa cup, 5 nella Supercoppa italiana, 1 nello spareggio Uefa). Ha dato l'addio al calcio nel giugno 1997.


Successi


6 SCUDETTI '78-79, '87-88, '91-92, '92-93, '93-94, '95-96


3 COPPE DEI CAMPIONI '88-89- '89-90, '93-94)


2 COPPE INTERCONTINENTALI '89 e ' 90


3 SUPER COPPE EUROPEE '89, '90, '94


4 SUPER COPPE ITALIANE '88, '92, '93, '94
In ricordo del grande Giuan Brera.
L'unico vero fuoriclasse che abbiamo invidiato all’Inter.
Invectiva ad Patrem Padum
di Gianni Brera
Sono un uovo fatto fuori dal cavagnolo, quando mio padre e mia madre proletari non pensavano più di avere un altro figlio. Mio paese natìo è Pianariva, che l'Olona divide a mezzo prima di confluire in Po. Sono cresciuto brado fra i paperi e le oche naviganti l'Olona. Ho imparato a nuotare con loro e a desumere i fondali dai diversi colori e dalle diverse increspature dell'acqua. Fin da primi bagni mi sono sentito dire da mia madre e da quanti altri temevano per la mia vita che Po è traditore, e che mai avrei dovuto nuotarvi. In compenso, ho appreso dai miei compaesani che uno poteva dirsi degno del clan e della qualifica di vir soltanto se avesse attraversato Po a nuoto, ritornando il più presto possibile alla riva natìa.

Così, per mera bullaggine, ho attraversato Po che non avevo dodici anni. Era periodo di magra e il filo di corrente non era più largo di duecento metri, da un sabbione all'altro. Ma valeva il gesto e io l'ho compiuto. Con me ha traversato un amico più vecchio e anche meno buono di nuotare. Tuttavia mi ha ripetuto la minaccia tradizionale: che se mi fosse venuto un crampo o qualsiasi malore, lui non si sarebbe neanche accorto di me e avrebbe accelerato le bracciate per giungere a riva. Questa che io chiamo minaccia è in realtà una formula d'accordo obbligatoria, perché cercar di soccorrere uno che sta per annegare in mezzo a Po è autentica follia: se lo lasci bere fin quando ha perso i sensi, poi lo ritrovi solo bell'e morto; se lo avvicini prima, ti abbranca in modo che si annega in due.

Frequentando le scuole, ho preso per inconscio narcisismo ad amare i luoghi dove sono nato e a farmi un vanto di avere la casta Olona come madre e il grande Po come padre. Ho pubblicato anche racconti nei quali si descrivevano le paurose piene del Po e si calcava sugli aspetti drammatici della nostra precaria vita sul fiume. Quasi da vecchio ho scritto due romanzi durante le vacanze (perché raccontare è bello, diverte, e dunque non è serio farlo sempre): in entrambi, Po è protagonista. Forse a cagione di questo gli Amici del Po hanno cortesemente deciso di nominarmi alfiere del Po, onore già tributato a scrittori famosi quali Zavattini e Bacchelli.

La consegna della medaglia con diploma ha avuto luogo nel salone pubblico del municipio di Mantova. Persino il mio abulico paese ha inviato una delegazione per onorarmi. Invitato a parlare, ho potuto dire soltanto: "Grazie a nome dei miei antenati pescatori e ghiaiadori morti lavorando sul grande fiume..." A questo punto mi si è ingroppita la gola e sono stato preso da un'inspiegabile angoscia. Ho rischiato anche di piangere, cosa della quale mi sarei vergognato moltissimo.

Considero apallici i molto piagnoni italiani ai quali basta la minima emozione per mettersi a caragnare come vitelli. Mi sono poi spiegato i motivi dell'angoscia. Po si vendicava semplicemente d'un figlio che soffriva (o esercitava) nei suoi confronti il complesso di Edipo. Da ciò ricavai anche la certezza che Po mi era padre e per non eccedere nell'avversione tentai di rimuovere dal mio inconscio quella jattura giungendo ad affermare che Po non esistesse come fiume. Già avevo scritto, fingendomi faceto, che Po lambiva troppe colline da vino per non essere pericolosamente ubriaco qualche volta.

I miei paìs padani si erano divertiti ma io ne avevo preso molta rabbia, insistendo nella ribellione a quel padre così poco serio come fiume. Per essere coerente, mi sarei dovuto rifiutare alla nomina di suo alfiere: ma di certi errori ci si accorge quando è ormai troppo tardi per mettervi riparo. Ho dunque insistito negli studi su Po e sulla storia che avrebbe dovuto determinare… se realmente fosse esistito. Così ora posso giustificare - almeno spero - i miei complessi edipici a esprimere un obiettivo giudizio geopolitico su Po. Ti sarai accorto, cortese lettore, che non indulgo a retoriche di sorta. Molto facile sarebbe abbandonarsi a inni e cachinni. La maestosa corrente di Po; le sorelle Oreadi; l'infelice Fetonte; i fantasiosi greci; l'indovina Manto fondatrice di Mantova nel pantano; bell'Italia amate sponde; scende sul fiume l'infinita sera, e via gigioneggiando su cose in sé discutibili perché quasi tutte false.

La verità è che Po è un sacramento di fiume incostante e capriccioso. Nasce dal Monviso, da un antro che pare giusto la matrice d'un animale mostruoso; arriva a Saluzzo e prende bruscamente a salire verso Torino: qui aggira nuove colline e riceve le Dore, mettendosi a correre sbadato da un sabbione all'altro. Diventa un po' più rispettabile ricevendo il Ticino, la cui parte cerulea si distingue dal resto per una buona ventina di chilometri. Adesso ci puoi crepare di tifo e di epatite virale: ai miei tempi si beveva acqua di Po dalla sèssola, che i toscani chiamano votàzzolo nel loro fossile e noioso dialetto.

Dopo l'amplesso con il Ticino, padre Po rincoglionisce letteralmente e assume l'aspetto d'un inquieto serpentone dalle larghe e inutili spire. Che cosa succede, in effetti? Questo: che da vero vagabondo ubriaco si butta ora contro una riva ora contro un'altra: se trova molle corrode e porta via; se trova duro (o un pennello o una prismata di protezione), il filo di corrente piega con largo giro contro la riva opposta e si scava un novo letto abbandonando quello precedente: ma qui, per una stranezza che gli è propria, Po si lascia dietro fondali bassi che fanno mollente e paiono larghi: queste morte si chiamano lanche: l'etimo di lanche è ancon, greco, che significa gomito.

Se la tua proprietà è sulla riva che Po incomincia a corrodere, ben presto non hai più un metro di terra e diventi povero strapelato; se da questa tua riva viene respinto, prima si lascia dietro una lanca e poi, alla prossima piena, un sabbione che si aggiunge alla tua proprietà e ti rende ricco anche di boschi. Quando ti ritieni ricco anche di boschi, una nuova piena arriva rombando e Po si riprende tutto, la sciandoti disperato e con il culo per terra. Tenuto conto di questi dissesti geologici ed economici, di tutti i pessimi ricordi bio-storici che ti porti nel sangue (paure, morti, impoverimenti ecc.), molto facile torna spiegarsi perché i rivaioli di Po non siano affatto propensi ad amare il loro dispotico padre. E naturalmente ne hanno una paura porca, e tanto più paura hanno dentro quanto più lo detestano e disprezzano, arrivando a ipotizzare che non esista. In effetti, Po non è un vero fiume. È piuttosto la sentina di una grande e fertile valle che sembra l'impronta di una chiglia smisurata.

Gli affluenti lo investono ringhiando, e oppongono dune di sabbia alla sua corrente sciamannata. Quando la furia degli affluenti non veniva contenuta dagli uomini, a ogni piena si creava una palude. Salito a visitarci nel 225 a.C., il povero Catone sentiva chiamare marais (marè) queste paludi e ha tradotto marè in maria, al plurale, e così ha riferito ai romani che in Padania - la Gallia cis e traspadana - vi erano sette mari. A parte questa colossale facezia, su Po se ne sono dette e se ne sentono di orribili. Intanto il nome che deriverebbe dal ligure Bodingomagum: una balla di frate Giulio. Nella paludosa vallata che è oggi nostra patria vagarono per millenni uomini, animali e uccelli. Vi furono anche gli unni e chiamarono Po la regione e il fiume che ne raccoglieva le acque compiendo mille anse viziose. Gli unni erano originari di Mongolia: in mongolo e in cinese, Po significa fiume e palude.

La paura bio-storica dei rivaioli di Po non è una mia invenzione. Ho vissuto la prima piena nel maggio del lontano (ahimè) 1926. L'acqua ci è venuta in casa per sortume, dalla cantina, ancor prima che dall'Olona, che la tremenda foga di Po arginava e faceva crescere anche due spanne all'ora. Pozzi, pompe, forni vennero sommersi, così che non avevamo acqua da bere né pane da mangiare! Per le vie del paese circolava gente stranita a bordo delle navazze in cui si pigia l'uva. Per i bambini era anche piacevole assistere a quel carnevale: ma Po ululava contro i boschi cedui e gli argini come un mostruoso animale apocalittico.

La notte si udivano continui muggiti di stalle terrorizzate e disperatissime grida di uomini che chiedevano aiuto. Le nostre povere case si ammollavano e screpolavano facendoci sentire ancor più precaria la vita. Bisce e topi invadevano i solai rinnovando il ribrezzo che doveva essere dei nostri padri vissuti su palafitte, in paludé e nelle terremare. Poi, lentamente, il vasto ululato del fiume si attenuava in un rugliare lontano e più vago. Infine l'acqua si ritirava lasciando fango e carogne dietro di sé. Distrutti i raccolti, schiantati o divelti i boschi cedui, sconnesse le case e i ponti.

A parte queste inezie, su allegri a celebrare il grande fiume! Esso è vostro, non per altro vi è caro. Ma per noi è difficile seguirvi. E se non bastano le colpe, ecco i difetti. Quando è in piena, Po non è navigabile per il selvaggio furore della sua corrente; e non è nemmeno navigabile quando è in magra, perché il Tahlweg, o filo di corrente, si riduce a serpentine sempre più esigue e oziose; trovi di qui un fondale che la corrente ha preso a colmare sollevando la sabbia (si chiama scalòn, e ci annegano per solito i milanesi), di là un letto non ancora ben tracciato e quindi non abbastanza profondo.

Ancora nel 1380, Po scendeva sparato su Belgioioso e saliva a nord per lambire Corteolona, dove riceva appunto l'Olona: poi piegava a sud-est e passando per Pieve Porto Morone puntava contro Castel Sangiovanni, dall'altra parte. Il mio paese era sulla riva destra. Po rifiutò rombando di percorrere l'ansa di Corteolona e tirò diritto fra Arena e Pianariva rientrando nel suo letto solo fra Pieve Porto Morone e Castel Sangiovanni! In tal modo il mio paese si trovò sulla riva sinistra avendo a sud il fiume che prima aveva a nord e avendo lanche e paludi fra sé e Corteolona. Naturalmente, fu per tutti i sopravvissuti la fame più nera. E chissà quanti altri tapini ebbero a subire nei secoli la nostra stessa sorte: per tacere di Adria, di Spina, forse anché di Mantova e - tristissimo evento - della divina Venezia, che verrà fatalmente sommersa o interrata.

Diamoci dentro, allora, a cantare la gloria di tanto fiume, a celebrarne il mutevole paesaggio: le verdi buttine di salice, i ballottini o isole rispettate (e prima rubate) durante le piene; le osterie che ti offrono frittata con le rane e trance di storione giovane impanate nell'uovo (al burro), i carpioni di striglie e savette, gli umidi di anguille e tinche con i piselli, i fritti di alborelle, i cartocci di carpa e cavedani (ormai tutti pesci di gusto avariato). Allegri anche a dire che Po va navigato fino al mare... con canali paralleli! Quante fregnacce sento, dio buono, quante balle! Po non è mai esistito come fiume e neppure oggi esiste. E' propriamente uno scolatoio a misura della nostra vallata, che non è piccola. Quando Po è in magra, sfoga all'Adriatico per cinque bocche in cui l'acqua non ti arriva alla pancia (in dialetto: gh'è una cavigia, un ginocc, una gamba, un cü, un stumagh, un coll d'acqua).

Le bettoline che devono entrare e uscire di Po s'inghiaiano (in italiano: si arenano) anche se non pescano più di 70 centimetri. E allora che andate cianciando di navigare? Il padre ubriacone e malignazzo si porta via l'acqua che cresce a ritmi che lui solo desidera (o il buon dio). Se ti corrode la riva e tu sei ricco, disponi in fretta un pennello e mandalo difilato contro i tuoi dirimpettai. Ascolta accigliato chi parla di navigarlo con canali paralleli ( ! ) e domandagli cosa c'entra mai Po con quei canali.

Ho scritto con ringhi edipici di Po che è soltanto la seconda ascissa delle coordinate equoree d'Europa: si capisce che l'ordinata è il Reno e che la prima ascissa è il Danubio. Ho scritto e penso tuttora che l'Italia non sia mai nata perché Po non era un fiume, altrimenti Venezia l'avrebbe risalito più in forze - dico con navi idonee -e avrebbe sottratto la Padania alle ricorrenti follie papaline e alemanne del Sacro Romano Impero, avrebbe avuto sufficienti derrate alimentari, ineguagliabili artigiani del ferro e tessitori di lana e di seta raffinatissimi; avrebbe avuto ottimo vino da esportare in tutta Europa e sarebbe stata la più ricca nazione del mondo. Invece si è sempre inghiaiata a valle di Cremona e non ce l'ha mai fatta a sottomettere Milano (200.000 abitanti) e le altre verdi contrade padane fino a Torino, vezzoso borgo di 12.000 anime (inalora).

Tutto questo io scrivo avendo chiaro il concetto della storia ma anche dei brutti ricordi che Po mi ha lasciato nel sangue. Così ne ho paura, una religiosa e fottuta paura: ma raccontare fole con l'aria di dir cose seriose non mi garba. E se ti sembro matto, o mio cortese lettore, pensa che anch'io sono figlio di Po. Da un padre simile, chi volete che nasca!


Alcune opere:
LA PACCIADA
"Non madre è la terra per i Padani, ma padri sono i Padani della loro terra, cui aggiunsero per millenni la propria carne e le proprie ossa (sui tozzi campanili lombardi, al tramonto, voi vedrete rosseggiare ancora oggi quel sangue tenace)".




IL CALCIO VENETO
Le ragioni e le emozioni che sono all'origine di questo felicissimo libro di Brera sono dichiarate da Paolo Brera nella prefazione all'inedito paterno: "Non solo per dovere Brera accettò di scrivere una storia del calcio veneto! Non era nato in Veneto. Però per l'inventore della parola Padania era difficile non apprezzare questa regione di fiumi e pianure, di città e di ville, di montagne tante e laghi pochi; una regione che sulle acque di un mare rimasto per secoli veneto sbocciò nella prodigiosa ninfea di marmo di Venezia. Non ammira i veneti soltanto chi non li conosce, e Brera li conosceva. In Veneto contava molti amici. Come gli veniva naturale, di questa vicinanza spirituale e caratteriale che percepiva in loro andava a cercare le radici etnico-storiche: nelle popolazioni venetiche. I veneti allevatori di cavalli dell'epoca classica si sono trasformati, in età più recente, nei veneti corridori di biciclette, poi in quelli che vestono o muniscono di occhiali il mondo... E se una popolazione si esprime anche nello sport, l'idea di una storia del calcio veneto poteva solo piacere a Brera". Il quale si dedicò al progetto con entusiasmo realizzandolo secondo un'ottica tutta personale, per cui i caratteri e le abilità tecniche di calciatori e squadre possono essere colti solo se ci si rifà anche a un quadro di riferimento più generale, appunto storico e sociale: cioè alla peculiarità della gens venetica, a livello di regione e, a livello di provincia, a identità etniche minori ma ben caratterizzate come, per esempio, la "Rassa Piave" dei trevigiani. La pubblicazione del libro di Brera, rinviata di continuo per ragioni esterne all'autore, avviene solo a diversi anni dalla stesura del testo, ma nella fedeltà assoluta all'originale.


giovedì, maggio 3

CHI SONO I DIAVOLIPADANI

Chi siamo
DiavoliPadani nasce dal desiderio di un gruppo di persone di esprimere la sintesi tra l'appartenenza ad un territorio e quella ad una fede calcistica.
Occorre subito chiarire che fin dalle nostre prime uscite al Meazza con lo striscione diverse persone chiedevano spiegazioni in merito al significato di questo connubio identitario, in particolare molti vedevano, a nostro parere con troppa superficialità, intenti prettamente di propaganda politica. Ma come ? – ci chiedevano – proprio in questo periodo delicato dove l’infiltrazione più o meno subdola della politica negli stadi si fa sempre più pesante e devastante, creando divisioni e tensioni tra tifosi della stessa squadra, vi presentate con uno striscione del genere?
La risposta è stata sempre decisa e sincera, i DiavoliPadani non hanno nulla a che fare con movimenti o partiti politici padani o italiani. Nessuna forza politica ha spinto, favorito o chiesto la nascita dei DiavoliPadani. Solo l’amore per il Milan e per la Nostra Terra ci ha spinti a ritrovarci sulle gradinate a sventolare orgogliosamente le bandiere rossonere e delle Nostre Terre Padane di appartenenza. Lo stesso simbolo storico della società A.C. Milan è la sintesi grafica di questo inscindibile rapporto tra colori e terra.

Ci pareva doveroso chiarire innanzitutto questo concetto, per noi diventato un tormentone da qualche tempo, e ciò detto invitiamo tutti coloro che hanno a cuore il Milan e la Padania a contattarci all’indirizzo e-mail
diavolipadani@libero.it per aderire al gruppo.


Niente loghi ma solo simboli storici veri


I simboli dei DiavoliPadani sono tutti quelli storici delle Nazioni Padane.
Attualmente il nostro striscione riporta la Croce di San Giorgio,
simbolo che da secoli ricorre in tantissimi gonfaloni comunali padani tra cui Milano, nonchè presente nel simbolo dell’ A.C. Milan.
Al centro tra le due scritte Diavoli e Padani in campo Rossonero,
un Triskel, antichissimo simbolo dai molteplici significati di origine celtica anch’esso ricorrente in diversi luoghi di Padania da migliaia di anni.

Il nostro sogno


Si può sintetizzare con: Athletic Bilbao.
Difficile se non utopistico in questa era con un Milan ricco e vincente immaginare un accostamento o una trasformazione verso la direzione della gloriosa squadra basca, ma lasciatecelo almeno sognare.
La difesa coerente della tradizione, l’orgoglio per la propria Terra, una società fatta di e dai tifosi, un vivaio che rappresenta il punto di riferimento per tutto, una squadra una famiglia, la maglia mai "sporcata" da sponsor, sono valori troppo nobili per non essere quantomeno sognati.

Informazioni personali

Milano, Insubria
Per l'identita' e la storia di uno dei clubs piu' antichi della Padania!!